domenica 28 luglio 2013

Emmy 2013: le serie e gli attori snobbati





Qualche giorno fa sono state rese note le nomination degli Emmy Awards 2013,
come ogni anno le nomination non accontentano mai tutti i fan delle serie tv americane, quest'anno in particolare le cose non sono andata per niente bene per molte serie e attori, ingiustamente snobbati dall'accademy. La prima gravissima assenza si nota subito nella categoria Outstanding Lead Actress in Drama Series, dove manca Tatiana Maslany, attrice protagonista di Orphan Black che ha interpretato almeno sei diversi personaggi nella prima stagione della serie, incensata da tutta la critica Americana e non solo, la sua nomination era molto attesa; altra mancanza che potrebbe essere giustificata forse dal calo qualitativo di questa stagione di The Good Wife, è quella di Julianna Margulies, la serie manca anche dai best drama.


La situazione non va meglio per Hannibal, totalmente snobbata la serie e gli attori, Hugh Dancy e Mads Mikkelsen. Altro imbarazzo, a mio avviso, riguarda le nomination di Game of Thrones, nulla da dire su Peter Dinklage qualcosa da dire l'avrei su Emila Clarke invece, soprattutto quando si nota notevolmente la mancata nomination di Michelle Fairley e Nikolaj Coster-Waldau se voglia rilevare le più importanti, ma comunque prima di Emila Clarke ci sarebbe stata bene anche la nomination di praticamente metà cast.



Non deve meravigliarci invece la quasi totale assenza di Shameless con attori e attrici comprese, sopra a tutti Emmy Rossum e William H. Macy, immancabile la nomination a Joan Cusack che serve all'accademy per ripararsi dall'accusa di snobbare la serie per la fotografia poco edificante che mostra dell'America. Sempre per delle motivazioni simili potrebbe essere stata snobbata la serie di FX The Americans, una delle novità più interessanti di questa stagione televisiva, inconcepibile alla sottoscritta l'assenza di Matthew Rhys e Keri Russell, nelle guest star nominata meritatamente Margo Martindale Assente anche: Steve Buscemi, Jennifer Carpenter, Monica Potter, Parks and Recreation e potrei continuare all'infinito,purtroppo.

domenica 9 giugno 2013

Graceland: recensione dell’episodio 1.01 – Graceland

Molte persone che hanno deciso di vedere questo pilot di USA Network, hanno visto, quasi sicuramente, anche il film musical evento dell'anno Les Misérables. La serie e il film tratto dall'opera di Victor Ugo non hanno nulla in comune ovviamente, fatta eccezione per Aaron Tveit. Non è un mistero che Enjolras interpretato da Tveit abbia conquistato quasi la totalità dei fan del musical ed è per questo che la prima domanda che mi è venuta in mente alla notizia che il talentuoso attore fosse stato scritturato in una serie di Usa Network è stata: perché?
Il ricordo di com'era stato mal utilizzato Sebastian Stan in Political Animals la scorsa estate era ancora fresco nella memoria, ma d'altronde anche Aaron Tveit dovrà mangiare, no?
Graceland_aaron tveitGraceland, è nata dalla penna del papà di White Collar, Jeff Eastin, una buona garanzia considerando che la serie con protagonista Matt Bomer è la più riuscita del canale. Un gruppo di agenti dell'FBI, DEA e della polizia doganale, vivono sotto copertura in un appartamento a Manhattan Beach, Graceland appunto, confiscata a un trafficante di droga che nella costruzione si era ispirato alla maestosa tenuta di Elvis Presley. La prima parte del pilot, della durata di poco più di un'ora, serve a presentarci gli agenti: tutti magri, di bell'aspetto e con la battuta sempre pronta, parallelamente assistiamo all'ingresso del nuovo agente appena laureato Mike Warren, inviato a Graceland in tutta fretta per sostituire un'agente ferito al quale è saltata la copertura durante una missione. Mike è il classico perfettino: laureato con ottimo voti, con l'obiettivo chiaro di diventare qualcuno che conta nell'FBI. Appena arrivato, viene subito messo al lavoro in due missioni mostrando in poco tempo il suo talento ai nuovi colleghi.
Graceland_03Sebbene la serie sia interessante per l'idea di riunire in un unico appartamento gli agenti, creando così delle dinamiche simili a quelle esistenti nei college universitari e quindi abbassando, di fatto, il target della serie, dall'altro lato delude la solita ingenuità di USA nel narrare le vicende e nel tratteggiare i personaggi. Tutti stereotipati nei loro ruoli che li definiscono anche come persone; fa eccezione Paul Briggs, il personaggio più interessante presentato in questa puntata pilota, inoltre le missioni sotto copertura sono costruite con una semplicità quasi imbarazzante; considerando che la serie è un poliziesco quest'aspetto poteva essere maggiormente curato, soprattutto perché nei primi venti minuti della serie sembra quasi che l'intento di Eastin fosse di costruire uno show più dark rispetto al resto del palinsesto del network. Il buonismo che imperversa in tutto il pilot invece mal si accorda con questo intento iniziale.
Graceland però ha due punti a suo favore, molto importanti: il carisma dei due attori protagonisti e il twist finale che cambia le carte in tavola. Paul Briggs ha qualcosa da nascondere e sul finire dell'episodio scopriamo che Warren non è stato mandato a Graceland per essere addestrato dal preparatissimo agente Briggs, bensì è l'FBI che l'ha inviato sotto copertura per indagare su Paul Briggs e scoprire cosa nasconde l'agente.
Aaron TveitQuesto elemento cambia, di fatto, l'indirizzo della serie e aggiunge un elemento di maggiore interesse; sorprendentemente, poi, non viene creata nessuna tensione sessuale tra gli agenti, si accenna però a una bromance - ormai inflazionatissima!! - tra Briggs e Weber in pieno stile USA Network che stuzzicherà sicuramente i fan di questa tipologia di serie estive.
Graceland_01-bIn conclusione Graceland non aggiunge nulla di nuovo al panorama seriale; nel pilot non vengono presentati elementi in nessun senso sorprendi o originali e l'alone d'irrealismo degli ambienti e della fotografia non aiuta a calarsi nelle vicende narrate nella serie. E' giusto però dare una seconda possibilità allo show, infatti, solo nel secondo episodio sarà più chiaro quanto spazio avranno e come saranno imbastite le missioni sotto copertura cui gli agenti dovranno partecipare nonché come verrà affrontata la storyline dell'indagine segreta di Warren.
Considerazioni sparse:
- Il cast non è nuovo al piccolo schermo: l'agente della dogana Dale Jakes è interpretato da Brandon Jay McLaren visto in The Killing, Clayne Crawford invece l'abbiamo visto più recentemente in Rectify.
-Per darvi la misura del traino e la solidità che la presenza nel cast di Aaron Tveit ha dato alla serie, vi riporto uno scambio di twitter tra una fan e Daniel Sunjata: "Di cosa profuma Aaron Tveit?" ha chiesto una fan e Sunjata. "Di dollari" ha risposto l'attore "la sua faccia mi pagherà l'affitto per i prossimi sei o dieci anni".

sabato 18 maggio 2013

Rectify: Recensione della prima stagione


Sundance Channel è un canale televisivo via cavo statunitense che trasmette generalmente cinema indipendente, documentari, cortometraggi; da quest'anno però il network si è lanciato anche nella produzione di serie televisive, prima con Top of The Lake e ora con Rectify.
Rectify è una miniserie composta da 6 episodi, scritta da Ray McKinnon e considerata dalla critica americana e anche dalla sottoscritta una delle serie migliori del 2013.
Daniel Holden accusato all'età di 18 anni dello stupro e dell'uccisione della sua fidanzata passa ben 19 anni nel braccio della morte, in attesa della sua esecuzione che viene rinviata ben cinque volte. A causa di un cavillo, la condanna viene annullata e Daniel è improvvisamente libero.
McKinnon aveva questa storia nel cassetto da dieci anni, quando in USA vennero rilasciati alcuni detenuti dal braccio della morte, scagionati proprio dalla prova del DNA; McKinnon si è preso a cuore questi fatti e di cronaca e li ha studiati approfonditamente dedicandogli Rectfy. La cura e l'attenzione ai dettagli si nota in tutti e sei episodi che narrano il ritorno alla vita di quest'uomo e alla ricostruzione dei legami famigliari interrotti vent'anni prima.

La serie ha il grande pregio di non perdersi in sottotrame inutili, ma di concentrarsi proprio sul personaggio principale; con lo scorrere della narrazione lo spettatore aggiunge un tassello dopo l'altro alla complessità del personaggio imparando a conoscerlo. Nonostante questa caratterizzazione approfondita e mai banale di tutti i personaggi, è impossibile dire se Daniel sia colpevole del crimine per il quale ha scontato i 20 anni di carcere e del quale parte della cittadina lo accusa ancora. L'idea che mi sono fatta alla fine è che neanche lui lo sappia e che la sua confessione, avvenuta in modo non propriamente regolare, sia stata ottenuta per sfinimento più che per reale colpevolezza. Daniel però non aiuta in nessun modo la cittadina o la sua famiglia e neanche lo spettatore a togliersi qualche dubbio, scopriamo, infatti, che già prima del crimine, appena diciottenne, era considerato un po' sopra le righe, "strano". E' stato forse un capo espiatorio utile a coprire qualcosa di ancora più brutto?
Tutto ciò è immerso nel mistero, ma non è centrale nella serie dove il vero cuore pulsante sono i rapporti umani: il legame tra Daniel e la sorella Amantha, la quale ha impostato tutta la sua vita per liberare il fratello, la madre Janet, una donna intelligente che aveva rinunciato da tempo all'evenienza che il figlio potesse salvarsi e si trova spiazzata ora nel dover gestire un uomo di quasi 40 anni che ha perso metà della propria vita e poi c'è la famiglia allargata, il fratellastro Ted che è parte di quella fetta della popolazione della cittadina che crede Daniel colpevole. Soprattutto nella caratterizzazione di questo personaggio notiamo la superficialità e i pregiudizi presenti nella piccola società del sud degli Stati Uniti, insieme alla moglie Tawney che impersonifica il fanatismo religioso, una donna enigmatica e un po' ingenua, il cui matrimonio è nonostante la sua giovane età, è già solo apparenza. La serie, se pur non direttamente, sottolinea più volte le contraddizioni interne alla società americana che si ritiene civile e cosmopolita ma che soprattutto nelle zone più rurali e lontane dalle metropoli avanzate si compone di microcosmi fatti di persone piene di chiusure mentali; la voglia di vedere un colpevole di omicidio ucciso dallo Stato è talmente insita nel modo di pensare di queste persone che la possibilità che ci sia stato un errore giudiziario sfiora ma non preoccupa troppo la classe politica della cittadina. In quest'ambiente si radica bene la pena di morte, la filosofia barbara dell'occhio per occhio, dente per dente, che pende sulla testa di Daniel. L'aspetto rurale della serie è accentuato dal ritmo della narrazione, dilatato e lento con riprese lunghe e statiche, la scrittura, la regia, la fotografia, sono amalgamate alla perfezione per rendere al meglio il viaggio di Daniel fuori dall'istituzione totale. Rectify tenta riuscendoci di mostraci realisticamente senza finzioni cose accade a un uomo vissuto fuori dalla società, non educato alla teatralità del vivere sociale. In varie scene si nota ad esempio come Daniel non riesca ad afferrare l'ironia e sia completamente estraniato dal mondo esterno, le variabili innumerevoli che il vivere la vita presenta non sono contemplate in prigione, dove la routine è la vita, dove non può accadere che un giorno sia diverso dal precedente.
Anche il modo di parlare con locuzioni elaborate e le citazioni e riferimenti letterali sono tutti indispensabili per rendere il personaggio realistico e non appaiono assolutamente forzati o esagerati, Daniel è vissuto venti anni con solo dei libri a tenergli compagnia.

Tutto ciò è condito da una recitazione magnifica, nessuno è sopra le righe, e soprattutto Aden Young ci regala un'interpretazione profonda, sofferta e commovente rendendo naturale l'immedesimazione con la sua situazione. La scena di chiusura della stagione che lasciava la possibilità, poi colta al volo da Saundace visto il successo della critica, per una seconda stagione è estremamente forte e potente, la violenza fisica della quale Daniel è vittima disturba lo spettatore in profondità, lasciando quel sapore amaro ma di appagamento generale, come quando si è appena terminato un bellissimo libro che tratta un argomento delicato e scomodo.
Voto: 9/10

venerdì 8 marzo 2013

Ti consiglio un Pilot: Vikings - 1.01 – Rites of passage



Scandinavia VIII secolo. E' qui che ci catapulta la nuova serie di History Channel che si propone di narrare le vicende dei Vichinghi. Guerrieri originari della Scandinavia e della Danimarca che tra l'VIII e il XI secolo saccheggiarono e conquistarono le coste dell'Europa.
Non sono un'esperta del periodo storico in questione né tanto meno dei Vichinghi, ma è molto chiaro sin dalle prime scene dell'episodio pilota di Vikings la cura quasi maniacale, ma mai manualistica dedicata alla ricostruzione storica, culturale e sociale, quest'attenzione rende molto più semplice direi naturale allo spettatore entrare nella storia raccontata.
2013 Film Independent Spirit Awards - Red CarpetI primi minuti sono in lingua norrena, particolarità che mi ha elettrizzato e che ha reso molto realistica l'introduzione nel contesto culturale, la pronuncia inglese resta comunque nordica in quasi tutti i personaggi, nel proseguimento dell'episodio che, dal mio punto di vista, fa guadagnare veramente dei punti in realismo. Il ritmo è dilatato soprattutto nella prima parte, ma all'economia della storia questo non pesa troppo, sembra, infatti, quasi seguire un ritmo della natura circostante. La fotografia è uno dei punti di forza dello show, ma con quella location sinceramente sarebbe stato strano il contrario. Vivida negli esterni, dove esalta le ambientazioni, più cupa nelle scene interne come a voler porre l'accento sulla crudezza del modo di vivere.
Vikings7Vikings narra le vicende di Ragnar Lothbrok, guerriero vickingo e agricoltore con una voglia quasi ossessiva di cambiare la propria posizione e migliorarla per quanto possibile. La sua ambizione lo mette in contrasto con il capo locale Earl Haraldson, interpretato da un convincete Gabriel Byrne che insiste a mandare i suoi predoni a saccheggiare le solite coste povere dell'est, piuttosto che esplorare l'ovest. E' proprio il sogno di Ragnar quello di esplorare l'ovest e nonostante l'avvertimento di Earl a non sfidarlo ancora, si affida a Floki che per la cronaca è Gustaf Skarsgård fratello del noto Alexander e figlio del più noto Stellan Skarsgård, per costruire una nuova generazione di navi in grado di navigare nel mare del Nord. La guerra sembra annunciata. Floki, come fa notare il figlio di Ragnar, ha un nome simile a Loki il dio che nei fumetti della Marvel è figlio adottivo di Odino ma nella mitologia è un semplice compagno di Odino e del figlio Thor, in due scene dell'episodio, in apertura e quasi in chiusura Ragnar ha una visione proprio di Odino. La divinità principale della mitologia e religione germaniche del periodo, Odino è il più antico degli dei e come tale conosce il destino degli uomini. La spiritualità che tratteggia la figura di Ragnar grazie anche a queste visioni che lui interpreta come segni positivi, ci sono ancora più utili per comprendere a pieno il protagonista della serie, un'idealista e un visionario che considera la conquista dell'ovest quasi una vocazione.
Vikings però è anche una storia di famiglia, conosciamo, infatti, nel corso dei quaranta minuti del pilot, l'amore nutrito da Ragnar per la moglie Lagertha, una donna guerriera amata anche dal fratello di Ragnar, Rollo, situazione che presumibilmente li metterà in contrasto. Assistiamo all'iniziazione del figlio di Ragnar nella società vikinga che ci permette di essere spettatori in prima linea dell'esercizio del potere del capo e delle usanze culturali e religiose della popolazione.
Da sottolineare anche un sogno, presumibilmente un ricordo di Earl Haraldson, in cui vede i propri figli fatti a pezzi in una fossa dei quali sicuramente sapremo qualcosa nei prossimi episodi, è soprattutto in questi momenti ma in generale in tutto il pilot si respira l'aria di Game of Thrones questo è anche il motivo, non lo nego, per cui ho deciso di approcciarmi al pilot di questa serie e presumo sia anche in parte la carta su cui ha giocato History Channel per promuovere il nuovo show.
L'episodio pilota è molto solido e porta a termine egregiamente il suo compito, quello cioè di incuriosire per continuare la visione della serie. I personaggi sono, infatti, ben imbastiti e gli attori in generale tutti credibili, la storia è stata ben introdotta, preparandoci alle lotte e agli ostacoli che Ragnar dovrà superare da qui alla durata della stagione.
 Telefilm-Central.org

venerdì 17 agosto 2012

Silk - la recensione della prima stagione

Il periodo estivo per noi serie tv dipendenti è un momento in cui si è soliti dedicarsi ai "recuperi", a quelle serie che generalmente per mancanza di tempo abbiamo deciso di non seguire in contemporanea USA/UK. Finite tutte le serie invernali ci si getta nei "progetti recupero", e diciamocelo non c'è niente di meglio che vedere una serie avendo tutti gli episodi a disposizione, con la possibilità di decidere i tempi e i modi di visione. Bene, se ancora non avete stillato la vostra lista di serie da recuperare in questa estate, o nel caso, giacché siamo ormai a metà agosto, l'abbiate già conclusa, aggiungete Silk, soprattutto se vi sentite orfani di The Good Wife, perché questa serie va assolutamente recuperata. Silk è una serie britannica in onda sulla BBC one dal febbraio 2011 (è' andata in onda a Maggio /Giugno la seconda stagione e per la mia gioia è stata rinnovata per una terza), la serie racconta le vicende di un gruppo di avvocati che condividono lo stesso studio legale forense; la protagonista è Martha Costello (Maxine Peake) che con Clive Reader (Rupert Penry-Jones) concorre per ottenere il titolo di "Avvocato della corona", il titolo della serie, infatti, fa riferimento a 'talking the silk', ricevere la toga di seta riservata agli avvocati ammessi al Queen's Council. Diventare avvocato della corona oltre ad essere un prestigioso traguardo sociale e professionale per un avvocato britannico da anche determinate libertà, come ad esempio scegliere i casi dei quali occuparsi e una serie di altri vantaggi. A Martha e Clive sono assegnati due pupil, noi diremo tirocinanti, giovani appena laureati privi di esperienza che devono farsi le ossa con i due avvocati più bravi e di maggiore esperienza della studio. A Martha viene affidato lo spiantato Nick Slade, che con il mio sconcerto ruba la toga e la parrucca perché non ha neanche una sterlina, figuriamoci i soldi per tutte le cose che servono a un avvocato in Inghilterra! Come al solito quando si parla di professioni, ruoli sociali in Uk, si parla automaticamente di ceto sociale e di cosa un membro di una classe sociale può o non può fare. Intendiamoci, quest'aspetto nella serie non è affrontato apertamente, ma come in tutte le serie inglesi, di genere drama soprattutto, è sempre nell'aria, è qualcosa dato per scontato, che a me personalmente lascia sempre abbastanza spiazzata: nei casi, nei discorsi tra colleghi aleggia sempre quanto pesi il ceto sociale, questo ad esempio si nota quando viene sottolineato il cognome della seconda tirocinante Niamh Cranitch (Natalie Dormer), che viene assegnata a Clive che pensa bene, oltre che fargli da mentore, di portarsela a letto, lei, come dicevo, ha un cognome che pesa è la figlia di un giudice in vista, ha a differenza di Nick i fondi per intraprendere la carriera e la strada spianata. I casi nei sei episodi dai quali la serie è composta, non sono tutti particolarmente originali, ma sono ben scritti e raccontati, le questioni etiche che sollevano sopperiscono a questa mancanza di originalità, che a mio avviso è l'unico difetto della serie. Ai casi fanno da cornice le vite degli avvocati dello studio, soprattutto le storie di letto di Clive con Niamh, ma prima di lei, con Martha con la quale sta, tra lo sconcerto e paura di entrambi, per avere un figlio. Raccontata così, sembrerebbe prendere una piega Soapy-Drama, ma non abbiate paura, tutto ciò è raccontato con molta eleganza e in terzo piano rispetto ai casi dibattuti in tribunale e la lotta di potere con golpe annesso, che avviene nello studio. Golpe ai danni di Billy, il barristers'clerk (un funzionario amministrativo dello studio legale) colui che fa le veci dell'avvocato che guida lo studio; si occupa di smistare i casi agli avvocati dello studio, gestisce i soldi e tutti i contatti dell'ufficio con l'esterno. Fil rouge dei sei episodi oltre al golpe in atto nello studio è anche il caso presentato nel pilot, quello di Gary Rush, un delinquente della peggior specie che deruba e malmena un vecchietto e creerà non pochi problemi a Martha. Mi fermo qui, l'intento di questa recensione è indurvi, se non l'avete fatto, a vedere la serie, quindi non voglio rovinarvi la visione dando troppe anticipazioni. La serie è di livello, ma dalla BBC non ci aspettiamo niente di meno, recitata molto bene, con un ritmo serrato e soprattutto molto realistica: gli avvocati si trascinano letteralmente in aula carrelli pieni di documenti che gli saranno indispensabili per difendere o, nel caso facciano le veci dell'accusa, a presentare i fatti nei loro processi, non hanno palmari e tablet come l'americana Alicia Florick. Il sistema legale Inglese sebbene come quello Americano è giurisprudenziale e non basato sulle fonti come il nostro, si discosta un bel po' da quello Americano soprattutto nell'organizzazione burocratica degli studi e della carriera legale, ci sono due tipi di avvocati in Gran Bretagna i: barristar e sollicitor, Martha e gli altri dello studio sono del primo tipo, avvocati specializzati in alcuni rami ai quali i sollecitor, assistenti legali privati, si rivolgono per portare in aula i casi. Praticamente i barrister dibattono il caso in tribunale, mentre i si occupano del rapporto più diretto del cliente e di stillare la memoria difensiva. Tutto ciò non è spiegato, la serie è destinata al pubblico inglese principalmente quindi sarebbe stata superflua qualsiasi delucidazione. Per noi, anche se a conoscenza di queste differenze più sostanziali, è tutto nuovo e interessante ovviamente. La serie è diversa e lontana dai legal americani anche nello stile, i dibattimenti sono molto british nel senso poco teatrali sebbene le parrucche possano far supporre l'opposto, molto asciutti e realistici. La recitazione è, come già detto sopra e sembra scontato dirlo, di alto livello così come la sceneggiatura e i dialoghi. Quindi non indugiate oltre, accendete il condizionatore e godetevi i sei episodi della prima stagione di Silk.
Telefilm-central.org     

mercoledì 6 luglio 2011

Recensione: True Blood 4.02 – You Smell Like Dinner

Dopo una premiere che al mondo seriale non è piaciuta neanche un po’, su Twitter c’erano solo commenti negativi, ecco che la palla passa a me per commentare questo secondo episodio della quarta stagione: You Smell Like Dinner .
Intendiamoci a me la premiere è piaciuta, certo non mi sono strappata i capelli ma non ho neanche sbadigliato dalla noia, i personaggi sono tanti, troppi e questo è il limite più grande di True Blood, lo dicevamo anche durante la scorsa stagione, ma forse la serie mi mancava tanto e quindi non ho notato troppo i difetti o forse le mie aspettative sono più basse, non saprei.
Il secondo episodio sicuramente  è più interessante del primo, la storyline principale è infatti introdotta in questo episodio: Eric subisce una sorta di maledizioni dal gruppo di streghe che si riuniscono in un negozio a Bon Temps e perde la memoria, ma questa è  solo la fine dell’episodio in effetti.
Bill, diventato Re della Louisiana dopo aver reso poltiglia sanguinolenta la Queen Sophie-Anne, che mi mancherà molto, diciamolo però: sfida eseguita non ad armi pari, visto che Nan manda i suoi uomini ad aiutare Bill, così da facilitare la successione al trono della Louisiana.
Dicevo, è Bill che manda Eric a fermare le negromanti in quanto molto pericolose perché in grado di controllare i morti e sappiamo che Vampiro = Morto.
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mercoledì 11 maggio 2011

Trasloco in corso

Cambiamenti in corso!
Ho momentaneamente trasportato solo qualche post del blog, visto che non esiste un modo pratico e veloce per poter migrare gli oltre, 1000? forse più, post da iobloggo a Blogger, vedrò cosa posso fare perché non voglio perdere sette anni di chiacchiere inutili.
Intanto comunque il vecchio blog è qui http://sweetlife0.iobloggo.com/
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